Due chiacchiere con Gianfranco, dell’Osteria “al Silenzio” di Rovereto
In Borgo Santa Caterina, a pochi passi dal corso Rosmini, si trova l’Osteria “al Silenzio”, posto accogliente dall’atmosfera ben definita, dove innanzitutto si mangia bene.

Sarà perché Gianfranco è un musicista che ha chiamato il suo ristorante “al Silenzio”?
Questo è un post che scrivo volentieri e con tutto il mio affetto. Conosco Gianfranco da molti anni (non bastano le dita delle due mani…) ed ho sempre ammirato la sua inesauribile energia e la sua grande carica creativa. Pianista, compositore, “inventore” di strumenti musicali, curioso esploratore e navigatore di diversi generi musicali, istrione…
Diversi anni dopo lo ritrovo in veste di ristoratore: anche in questo campo si dimostra eclettico, esploratore, curioso e inventore…
Il menù è sicuramente particolare: ci sono piatti provenienti da varie parti del mondo, a testimoniare i viaggi che hanno caratterizzato la sua vita .
Cos’è che spinge un uomo – che fa un lavoro bellissimo, particolare, che lo porta in giro per il mondo – a girarsi in un’altra direzione, a cambiare proprio strada, non solo, ad avere successo nella nuova attività?
Questa è la domanda intorno alla quale si sviluppa questo breve scambio di “chiacchiere” al telefono tra me e lui, completato da alcune fotografie, scattate in una sera di luglio. Emergono parole come Piacere (di cucinare) accanto ad Impegno (nel lavoro, nella ricerca continua), Creare, Comporre. Ci sono potenti accenni ai Viaggi fatti e che si faranno ed ai Progetti, vecchi e nuovi.
Un brindisi prima di iniziare…
Gianfranco:Pronto?
Io:Pronto, ciao Gianfranco.
G: Eccomi qua, ciao.
I: Ciao. Partiamo dall’inizio. Tu hai sempre avuto la passione per la cucina…
G: Certo. Da quando avevo 18 anni ho sempre cucinato, mi son sempre dedicato al piacere della cucina.
I: Spiegami un po’ l’evoluzione di questa tua passione.
G: Diciamo che quando andavo in giro a suonare mi sono sempre interessato al cibo, mi sono sempre impegnato ad imparare ricette nuove. Anche quando, da ragazzo, ad esempio abitavo in Danimarca o in Svezia; in effetti molte ricette le ho riprese. Poi proprio durante i miei viaggi in Giappone è nata una passione viscerale per il Sushi, a livello estetico. Quindi si è trattato di un insieme di fattori.
Grazie alla musica viaggiavo , però ho sempre guardato l’aspetto [culinario] … scherzando io dico sempre ho visitato più cantine e ristoranti che chiese e musei.
I: Banalmente, puoi fare un parallelo tra la musica e il cibo?

G: Sono molto similari per me, perché mi piace lo studio della ricetta che è la partitura, l’esecuzione, la ricerca dei materiali, le prove, le tecniche di cottura, questi procedimenti nuovi che esistono adesso, questi sottovuoto, queste basse temperature; quindi è tutto un’esecuzione di un qualcosa che mi gratifica molto.
I: Qual è il tuo modo di gestire il cambiamento?
G: Parte da qualcosa che ho dentro, che si metabolizza piano piano e dopo sento proprio che devo cominciare a muovermi in quella direzione, dopo di che quando ci sono in mezzo sento dove deve pendere l’ago della bilancia. La situazione in cui mi trovavo era diventata ingestibile (ero anche insegnante al Conservatorio), essere qui e là era diventato complicato sia fisicamente che psicologicamente. Quindi ci ho pensato, mi son messo davanti a questa situazione e mi sono detto “Bene, a qualcosa bisogna rinunciare.”. Nel mio caso la rinuncia non era alla musica, ma, banalmente, allo stipendio del Conservatorio. Io sono arrivato a oltre sessant’anni, cosa vuoi, abbiamo poco da vivere ancora con la testa lucida. Là non mi sentivo più al mio posto, mi sentivo a disagio… mi sento un uomo libero adesso. Dormo felice, (nonostante) tutte le preoccupazioni del locale, perché abbiamo dodici dipendenti e ci sono tutte le problematiche quotidiane. Però nello stesso tempo faccio una cosa che volevo fare nella vita. Dopo, se non funzionerà… io ho altri progetti nella testa ancora…

I: Ah, ci sono nuovi progetti?
G: Naturalmente. Siamo sempre in movimento, qui… – (mi sembra quasi di vederlo, mentre mi fa l’occhiolino. D’altro canto come fai ad imprigionare uno spirito libero?)
I: Come ti è venuta l’idea del Sushi trentino e in base a quali criteri è fatta la scelta dei vini da proporre?
G: Per quanto riguarda i vini se ne occupa mia figlia scegliendo il contadino, il piccolo vignaiolo che lavora ancora come una volta, in maniera biodinamica non solo biologica.
Per quanto riguarda il Sushi, quella è un’idea che mi è venuta pensando a un aspetto territoriale, pensando alle persone di qua non abituate a mangiare il crudo: la caratteristica fondamentale del TrentinSushi è che non è crudo. Ne prepariamo tre tipologie, affumicato, marinato e cotto al vapore. C’è anche tutta la linea vegana e vegetariana che non è da sottovalutare.
È un’idea che ho concretizzato facendone un marchio registrato, TrentinSushi. E che avrebbe un potenziale di sviluppo enorme, avendo forza fisica ed economica…
I: Mi racconti come ti sei formato?
G: Mi son sempre dedicato “fisicamente” al cibo, cucinando. I miei nonni dalla parte materna erano albergatori e cuochi, dalla parte paterna erano commercianti di cibo, vino burro formaggi, quindi ho sempre vissuto in questo ambiente. Poi ho fatto dei corsi. Ad esempio, nel ’75 ho fatto un corso di cucina cinese con un cuoco cinese, a Parigi. In quell’occasione ho ricevuto un wok, e me lo sono portato da Parigi, in un periodo in cui non si sapeva neanche cosa fosse la cucina cinese nel ’75, in Trentino. Poi in questi ultimi anni mi sono comprato una montagna di libri per documentarmi. Ho fatto un corso anche pochi mesi fa, di cucina molecolare. Ma prevalentemente sono autodidatta. Se uno è mosso dalla passione…
I: Due parole sulla filosofia del locale.
G: Alla base c’è un’idea compositiva, creativa: i sughi che proponiamo li facciamo noi, li cuciniamo da zero, li creiamo insomma. Facciamo noi anche la pasta. Adesso, ad esempio, ho appena finito di preparare tre tipi di pasta, con la macchinetta; compriamo solo il pacchero… Non compro sughi già pronti, se no si snaturerebbe il motivo per cui faccio questo lavoro.

I: Raccontami il laboratorio:
G: È un’esigenza nata dal fatto che la cucina qui “Al silenzio” è piccola. Ci serviva ampliare la cucina così abbiamo trovato il posto ideale, in un punto favoloso, ad angolo, un bellissimo negozio; l’abbiamo arredato e ne abbiamo fatto anche un punto vendita dei nostri prodotti, di quello che creiamo, non solo sushi ma anche sughi, pasta, polpette, carne e pesce.
Le due chiacchiere sono finite. Saluto e ringrazio Gianfranco per il tempo che mi ha dedicato.
Non posso concludere senza citare il Trentodoc Letrari, dosaggio zero, vendemmia 2014, sboccatura giugno 2017, che ha accompagnato una cena “Al Silenzio”, in una sera di luglio.
Non puoi scoprire nuovi oceani fino a quando non hai il coraggio di perdere di vista la spiaggia.
(Anonimo)